Sentiamo spesso parlare dell’importanza di mangiare frutta e verdura di stagione, senza lasciarci “abbagliare” dalla apparente disponibilità di qualsiasi ortaggio in qualunque periodo dell’anno sugli scaffali dei supermercati. Le ragioni di questo approccio sono tante, e sempre più aziende agricole provano a sottrarsi alle logiche della grande distribuzione lanciando progetti che valorizzino proprio l’aspetto della filiera corta e della stagionalità del prodotto. Un’alimentazione che include in larga parte frutta e ortaggi di stagione beneficia del minore apporto di concimi, pesticidi e conservanti necessari per coltivare qualcosa esattamente quando la natura prevede la sua crescita, soprattutto se la coltivazione avviene in terreni storicamente vocati per quel particolare prodotto della terra (il cavolfiore della Piana del Sele, la cipolla di Tropea, e così via). Maturando nel momento giusto dell’anno, i prodotti agricoli risulteranno più gustosi e più ricchi di sostanze nutrienti. Anche il nostro corpo “vive” le stagioni insieme alle piante: non è un caso se le arance, con il loro carico di vitamina C, sono più adatte a combattere il raffreddore, mentre le fragole hanno tanta vitamina A che protegge meglio dai raggi solari. Il nostro corpo sa già che il cavolfiore ad agosto…non è l’ideale! Mangiare frutta e verdura di stagione non è però solo questione di salute individuale, ma è un contributo alla salute collettiva. Coltivare verdura fuori dalla sua stagione richiede più risorse: più soldi per concimi, per energia e per trasporto da zone più lontane, per esempio. Se il prezzo di un ortaggio prodotto fuori stagione è quindi più basso di uno prodotto locale coltivato nel momento giusto, il “risparmio” è necessariamente sulla qualità: mangeremo prodotti meno buoni (e quasi sempre meno freschi). In un numero crescente di regioni italiane nascono progetti che promuovono il consumo di frutta e verdura di stagione coinvolgendo agronomi, nutrizionisti e ingegneri alimentari per inviare a domicilio una selezione di ortofrutta di soli prodotti locali: spesso si tratta di aziende in cui il rispetto della stagionalità fa parte di un ragionamento più ampio che include i metodi dell’agricoltura integrata o biologica. Questo modo di acquistare la frutta e la verdura contiene di solito un certo margine di variabilità last minute, che dipende direttamente dalle aziende agricole partner del progetto: a pochi giorni dal momento della raccolta, una grandinata o una gelata possono rendere indisponibili alcuni prodotti, per esempio, ma al tempo stesso permette ai consumatori di confrontarsi realisticamente con le dinamiche naturali che contribuiscono a portare il nostro cibo in tavola. Perché questo approccio si diffonda presso un numero sempre crescente di aziende agricole è necessario che i consumatori siano più informati possibile sul valore di un buon frutto di stagione rispetto al suo “analogo” coltivato senza tener conto dei tempi della natura. Solo con una consistente “domanda” – di qualità, di trasparenza, di rispetto del territorio – potremo assistere a un cambio di prospettiva efficace nel mondo della produzione ortofrutticola italiana. I cambiamenti climatici, il rispetto per l’ambiente, per il pianeta, impongono scelte consapevoli e responsabili da parte di tutti, e non c’è trend puramente “commerciale” che possa contrastare questa necessità. Dalla riduzione degli sprechi al concetto di alimentazione sostenibile, le conoscenze scientifiche e le soluzioni tecnologiche che ci permettono di migliorare il nostro stile di vita nel rispetto del mondo attorno a noi sono ormai alla portata di tutti, dei consumatori e delle aziende. La creazione di un ambiente alimentare favorevole che agevoli la scelta di regimi alimentari sani e sostenibili andrà a vantaggio della salute e della qualità della vita dei consumatori.